Dalla Lettera pastorale del Patriarca Francesco “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù” (24 marzo 2016)
Nell’attuale contesto dobbiamo pensare in concreto ad un’alleanza pastorale fra comunità parrocchiali, salvaguardando e potenziando quegli ambiti tuttora vitali della nostra azione pastorale e, insieme, aprendoci a una collaborazione sincera, reale. Per usare l’espressione cara a Papa Francesco, dobbiamo essere in grado di «abitare» gli spazi e i momenti della pastorale in atteggiamento sinodale, come Chiesa in cammino verso Gesù.
Allo stesso modo, con cuore fraterno, attento alle debolezze delle comunità a noi vicine e con rinnovato slancio missionario dobbiamo – lo ripeto – aprirci con fiducia alle collaborazioni interparrocchiali condividendo ambiti pastorali in cui, non da oggi, non riusciamo più ad essere evangelicamente significativi nella stessa comunità ecclesiale e nel quartiere o paese in cui viviamo. […]
In conclusione, è il momento di intraprendere con decisione e coraggio un cammino sinodale per edificare tutti assieme – preti, diaconi, consacrati e laici – una Chiesa realmente missionaria; l’evangelizzazione, infatti, è compito non di alcuni, di una élite,ma di tutta la Chiesa.
Occorrerà allora che laici, consacrati, diaconi e presbiteri delle nascenti collaborazioni pastorali – in ascolto delle esigenze del loro territorio, lette alla luce del Vangelo, sullo sfondo di un cammino pastorale diocesano – individuino alcune precise pastorali (la carità, la catechesi degli adulti, la formazione dei catechisti, il patronato o quant’altro), non più pensate in astratto ma elaborate ed affrontate nella concretezza di quel luogo (quartiere, paese, città, territorio), con le sue forze e debolezze, con un sentire comune.
Bisogna individuare ambiti specifici di vita pastorale e scegliere anche dove e come concretamente realizzarli. Non c’è una ricetta unica ma, piuttosto, si tratta di stabilire tali spazi sul territorio, individuati secondo la storia di quel territorio e le sue caratteristiche – come il numero dei fedeli – o le esigenze della vita concreta di quelle comunità a cui si è mandati a vivere e annunciare il Vangelo.
Partiamo dai piccoli obiettivi, dalle cose semplici ma realizzabili, visibili e di cui si ha necessità (le vite dei santi si sono svolte secondo tale logica) come, ad esempio, il ridisegnare con pazienza gli orari delle Messe in una logica di “collaborazione pastorale” e non più di una sola parrocchia, invitando così tutti a partecipare all’eucaristia con sguardo più ampio, liberandosi dalla prigionia delle strutture e degli edifici percepiti più come fini che come mezzi, più come proprietà che come casa della comunità, parrocchiale o interparrocchiale. Anche questo aiuta a diventare comunità “allargate”, immagini di una Chiesa che non guarda solo al proprio campanile.
La collaborazione pastorale altinate si struttura nel 2017, quando don Gianpiero, già parroco di Quarto d’Altino, viene nominato parroco anche di Portegrandi e Altino. Ma da tempo si era comunciato a camminare insieme e a condividere, come ad es. la preparazione comune dei fidanzati al matrimonio e dei battesimi, l’aiuto reciproco tra ministri straordinari e accoliti, ecc.
Le tre parrocchie appartengono allo stesso Comune (sopra gli 8000 abitanti), sono situate al confine con la diocesi di Treviso e hanno peculiarità proprie, identità e tradizioni, esigenze diverse ma spirito di collaborazione e sostegno reciproco, di scambio fecondo.
Durante l’anno ci sono varie occasioni di incontro come le soste spirituali nei tempi forti, i pellegrinaggi mariani, le feste patronali, l’ascolto della Parola, la formazione dei catechisti e le esperienze proposte a bambini e ragazzi del catechismo, ecc.
Molti passi fatti, molti ancora da fare al motto di “un cuor solo, un’anima sola”!